La dissociazione tra la cosa e il soggetto è stata (e per molti continua ad essere) di natura sostanziale e non funzionale in un ampio segmento della storia del pensiero. Per Ernst Cassirer Francesco Petrarca è stato tra i primi a cogliere la relazione dell’uomo con la natura in chiave moderna. Doveva essere l’arte, e poi la scienza empirica, a compiere l’atto che la filosofia teoretica non era in grado di compiere: rompere il dualismo di sostanza tra il soggetto e l’oggetto per stabilire una relazione funzionale tra di essi.
L’<<oggetto>> è ora qualcosa d’altro che il puro opposto, che il puro ob-jectum all’io; esso è piuttosto il termine, al quale sono dirette tutte le forze produttive, tutte le forze veramente attive dell’io, e nel quale esse trovano il loro concreto inveramento […] tuttavia questo principio non sviluppò la sua influenza vera e non giunse a piena maturazione nella speculazione astratta, bensì nella nuova forma del conoscere scientifico e nella nuova forma della contemplazione artistica.
[Ernst Cassirer, Individuo e cosmo nella filosofia del Rinascimento, Firenze, La Nuova Italia, 1977, pag.227]
Per Petrarca il paesaggio riceve e restituisce all’uomo la sua anima. Il poeta stabilisce, per usare le parole di Schiller, un rapporto ‘sentimentale’ con la natura dominato dal doloroso conflitto generato dall’ammonimento di Agostino: “Noli foras ire, in te ipsum redi, in interiore homine habitat veritas”. La ragione medievale, che impone una gerarchia teoretica delle cose e svaluta la natura rispetto allo spirito tormenta il poeta, che percepisce il bisogno di una ricomposizione, nell’unità di uomo e natura, della dissociazione sostanziale tra l’individuo e le cose. Il meccanismo di cui parla Eliot e che consiste nell’ “amalgamare” le esperienze caotiche, frammentarie e irregolari consente al poeta di arrivare là dove solo la scienza empirica può giungere e dove, invece, il pensiero teoretico e la metafisica non arrivano se non, in un secondo momento, di riflesso all’arte e alla scienza. La scienza e l’arte sono quindi accomunate dalla loro dimensione creativa e dalla necessità di attivare esperienze disparate “per costruire architettonicamente il cosmo”.
Una concezione estetica della musica basata su principi teoretici e di netta separazione tra musicale ed extramusicale, come quella formalista, inceppa il meccanismo di Eliot. A Eliot o a Petrarca, probabilmente, sarebbe piaciuto un pezzo come Clacson, del mio caro amico Marco Lenzi. In Clacson l’oggetto musicale, il frammento, non è gerarchimamente inferiore a una qualche forma di frase musicale più alta per il fatto che in essa si addensano ‘significati’ extramusicali e scemano ‘contenuti’ musicali; anzi, quell’oggetto diviene mezzo espressivo proprio perché dentro di esso si manifestano esperienze significative anche molto lontane tra di loro.
onoratissimo. è bello sentirsi un coteto che oscilla tra le babbucce di petrarca e i mocassini di eliot. 😉
Cotetus duplex…