La scienza, a detta di Bateson, dà un «senso» a un mondo, quello delle nostre percezioni, che però operano soltanto sulle differenze. Laddove le differenze sono inapprezzabili e i confini sfumati, la scienza non può andare perché non c’è modo di alimentare la percezione.
Quindi ciò che noi, scienziati, possiamo percepire è sempre limitato da una soglia: ciò che è subliminale non giunge ad arricchire le nostre cognizioni. In qualsiasi istante, la nostra coscienza è sempre funzione della soglia dei mezzi di percezione di cui disponiamo. L’invenzione del microscopio, del telescopio, degli strumenti per misurare il tempo fino a una frazione di nanosecondo e per pesare quantità di materia fino a un milionesimo di grammo, tutti questi raffinatissimi dispositivi di percezione svelano quel che era del tutto imprevedibile ai livelli di percezione raggiungibili in precedenza. [Gregory Bateson, Mente e Natura, trad. it. di Giuseppe Longo, Milano, Adelphi, 1984, pagine 46-47]
La scienza perciò si misura col limite, con una soglia che rileva differenze. È un tipo di percezione in qualche modo opposta e complementare al tipo di percezione che conduce all’esperienza estetica. Nell’esperienza estetica, infatti, le differenze, e i confini da loro recati, hanno un valore simbolico che rimanda altrove e spesso sono convocate per essere negate; nell’esperienza scientifica i limiti stanno per i limiti e sottostanno a un apparato percettivo che misura, ma che nel misurare è spesso incapace di prevedere, nel senso che è incapace di descrivere il senso delle cose:
Non solo non possiamo far previsioni sul momento successivo nel tempo, ma, più radicalmente, non possiamo far previsioni relative allo stadio successivo della dimensione macroscopica, della distanza astronomica o del passato geologico. La scienza, come metodo di percezione – perché essa non può pretendere di essere altro che questo –, così come ogni altro metodo di percezione, ha una capacità limitata di raccogliere i segni esteriori e visibili di ciò che può essere verità. La scienza non prova, esplora. [Gregory Bateson, Mente e Natura, trad. it. di Giuseppe Longo, Milano, Adelphi, 1984, pag. 47]
Accettare soglie, limiti e confini implica l’esplorazione ma, per Bateson, non può mai disvelare. Il brivido dell’esperienza estetica sta invece proprio nel fare esperienza di un «senso», nel trattare con noncuranza ogni confine che le nostre percezioni ci permettono di esplorare. Nell’esperienza estetica è implicita la negazione dell’autenticità del mondo delle differenze e dei confini oltre la propria giurisdizione, il che non significa, ovviamente, negazione del valore fondamentale dell’esperienza scientifica, che sta altrove.
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