L’EC (Evolutionary Computing) è la simulazione dell’evoluzione di un linguaggio al computer. Simon Kirby, linguista dell’università di Edimburgo, ha cercato di dimostrare che attraverso le simulazioni al computer è possibile spiegare lo sviluppo di un certo gusto musicale o la nascita di una grammatica. Insieme a Eduardo Reck Miranda e a Peter Todd ha perciò programmato una simulazione per definire i meccanismi di quella che ha chiamato “trasmissione culturale delle emozioni”. La simulazione intende dimostrare che la musica, come il linguaggio (che per Kirby emerge dall’interazione di dinamiche culturali ed evoluzione biologica, capace di plasmare i meccanismi di apprendimento), evolve attraverso un ciclo ripetuto di uso, osservazione e apprendimento. Miranda, Kirby e Todd definiscono lo spazio semantico della musica con i nomi di alcune emozioni e stati d’animo che sono messi in relazione con certi frammenti melodici. La simulazione prevede che vi sia un ciclo di apprendimento per volta in cui un adulto (l’agente-insegnante) trasmette a un bambino (agente-apprendente) gli usi grammaticali capaci di conferire alla musica affetti e stati d’animo. La trasmissione avviene avendo a disposizione frammenti melodici casuali con i quali comunicare.
Miranda, Kirby e Todd hanno osservato che molto presto nella simulazione è possibile scorgere la cristallizzazione di una cultura musicale emergente che si fa sempre più complessa con il passare delle generazioni e produce un vero e proprio sistema strutturato di espressione musicale. Con l’emergere di composizioni sempre più strutturate, le regole grammaticali diminuiscono e si fanno più generali. In altre parole si passa da un sistema di regole che all’inizio è rappresentato da composizioni corrispondenti a precisi contenuti semantici e che costringe l’apprendente semplicemente a riprodurle, a un sistema di poche regole molto generali che mettono in grado l’apprendente di comporre esprimendo contenuti sui quali nessuno si era espresso prima di allora: «Il risultato chiave della nostra simulazione è che questa cultura musicale strutturata, creativa ed espressiva può spuntar fuori spontaneamente da un iniziale comportamento amorfo, ristretto e casuale». [http://cmr.soc.plymouth.ac.uk/publications/CMR_2003.pdf]
Ciò che emerge spontaneamente nella simulazione è la tendenza del sistema a un’espressività illimitata, frutto della disposizione di ogni apprendente a generalizzare regole:
“Ogni giro della simulazione dà un risultato differente, ma la tendenza generale dall’amorfo al sistema strutturato è sempre evidente. In qualche caso, gli agenti convergono verso un sistema musicale ricorsivo. Questo sistema è dotato di espressività illimitata – gli agenti potrebbero, se vi fossero spinti, esprimere in musica una gamma illimitata di significati arbitrariamente complessi”. [Ibidem, pag. 104]
È interessante notare come alla diminuzione delle regole della grammatica musicale – che emerge nella simulazione di Miranda, Kirby e Todd – corrisponda una maggiore complessità delle regole stesse. Nella simulazione però non è contemplata (e non può esserlo) la forza dei vincoli cui sono sottoposte le regole grammaticali di un linguaggio. Infatti, se è vero che regole più complesse e generali generano linguaggi più espressivi, è vero anche che un linguaggio può avere una struttura complessa e difficile da rappresentare con un algoritmo a causa dei vincoli troppo deboli posti alle regole grammaticali.
Luigi Borzacchini illustra con chiarezza i termini del problema del rapporto tra l’espressività di un linguaggio e i vincoli posti alle regole della sua grammatica:
“I linguaggi possono essere più o meno «espressivi» a seconda dei vincoli che si pongono alle regole della grammatica. Se tali vincoli sono forti le regole devono essere molto semplici e di conseguenza i linguaggi generati hanno una struttura combinatoria semplice e poco espressiva. Il vantaggio è che anche l’algoritmo di riconoscimento relativo sarà semplice. Se viceversa non si pone praticamente nessun vincolo alle regole si possono definire linguaggi molto complessi e l’espressività del linguaggio aumenta: il prezzo da pagare è che l’algoritmo di riconoscimento diventa più complesso. [Luigi Borzacchini, Il computer di Platone. Alle origini del pensiero logico e matematico, Bari, Dedalo, 2005, pag. 49.]
Interessante, se vuoi ne parliamo
Più che volentieri, Nicola. Ci sentiamo presto.
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