Nella risposta al commento di Daniela al primo post di questo blog, ho scritto che è possibile spiegare la matematica con la musica ma è assai difficile (per non dire impossibile) l’operazione inversa, cioè spiegare la musica con la matematica. La matematica ci può aiutare a capire in che cosa consista la simmetria delle Variazioni Goldberg di J.S. Bach o quali isometrie abbia utilizzato Boulez nella composizione di Structures, ma non può rendere minimamente conto dell’esperienza estetica. E’ perciò assai ingenuo affermare che le Variazioni Goldberg siano un capolavoro grazie al fatto che vi è esposta tutta una serie di invarianze.
Edgard Varèse osservava:
“Mi ispiro spesso alla matematica superiore o all’astronomia semplicemente perché queste scienze stimolano la mia immaginazione e mi danno l’impressione di un movimento, di un ritmo. C’è per me maggiore fertilità musicale nella contemplazione delle stelle – meglio se attraverso un telescopio – e nella sublime poesia di certe esposizioni matematiche che non nei più ispirati sproloqui prodotti dalle passioni degli uomini.”
L’esperienza scientifica entra dunque dentro la musica attraverso il fascino della simmetria o attraverso quello delle nuove scoperte, ma, anche nel caso di composizioni la cui idea è un modello matematico, il musicista non usa la matematica o la scienza come la usano i matematici e gli scienziati.